domenica 28 dicembre 2008

janus

Teodora sorrise e Assaf capì cosa nascondeva quel sorriso. Si scambiarono uno sguardo d'intesa, perché c'è chi non si sente soffocare in una stanza per cinquant'anni e c'è a chi non basta un'intera nazione.

domenica 16 novembre 2008

trattenuta #1

anche passare dall'odore dell'umido a quello del bagnato è un gioco di lievi sfumature, di impercettibile gradualismo. il giallo ocra delle foglie su cui tentenno passi, il blu diluito delle pareti, questo nuovo nero di peso ad alcune meditazioni notturne. in questo mezzo novembre persino i colori sembrano tutti sul punto di cedere, di rinunciare a se stessi. forse bisognerebbe rivalutarla la resa, la capitolazione. concedere bontà anche al gettare la spugna. che squallore, non trovare il modo di rimettere le mani in tasca e proseguire dritto il cammino. mollare, cazzo, mollare, spedire socrate dritto all'inferno invece di relegarlo alla santità di quelli che evviva la morte pur di non abiurare alle idee, pur di non sconfessarsi. lasciar stare, astenersi. eppure, eppure questo antico silenzio, il non riuscire a parlare, che possa attenuarsi e farsi tutt'uno con quel silenzio ben più profondo e in apparenza un pelo scaramantico, quello a cui l'uomo da sempre consegna le sue cose più grandi. un religioso tacere, ecco. due qualcosa, al momento, scorrono paralleli. fa forse differenza se non si incontrano mai o se si incroceranno all'infinito?

domenica 21 settembre 2008

side a: logorrea

non è che vorrei liquidare tutto così, subito, ma dopo un attento ascolto in solitaria credo di aver già individuato il nodo.

è solo che questa cassetta, che mi piace, e parecchio, dentro e fuori, fondamentalmente non suona.
racconta.

sabato 30 agosto 2008

teonanácatl

mercoledì 20 agosto 2008

... ( not ) as a ( boy )friend

me l'ha fatto notare una volta M., lo ricordo bene, un pomeriggio seduti ai bordi del colosseo. che alla fine sono proprio le debolezze a fare l'uomo. che essere sempre bravi e buoni e perfetti è in fondo una perizia fin troppo facile. un'abilità simulabile comodamente da tutti. mentre riuscire a mostrare le proprie fenditure è un'arte ben più complicata. così finisce che non possiamo avere la presunzione di conoscere veramente qualcuno se non ne abbiamo prima tastato le imperfezioni, osservato i nei, scoperchiato le fragilità. è più o meno lo stesso motivo per cui la bellezza è sempre un'esperienza del totale: un quadro visto troppo da vicino, solo da un lato, non è che un'insieme di righe indistinte. di linee disordinate. per coglierne veramente l'incanto si ha invece bisogno molto spesso di una visione integrale. tutti questi giri di parole per dire che è grazie a questa visione d'insieme e dalla lunga distanza, di me, di C., o almeno di com'era, e degli avvenimenti, di come vanno le cose, che mi pare tutto nuovo rivederlo e poter parlare con lui. il breve caos che segue quell'attimo bruciapelo dell'incontro non è tanto un'anarchia disperata di pensieri quanto una necessaria disciplina. io me lo immagino C., mentre mette su permesso, quando dice sto tornando a casa, che pensa alla casa in cui è tornato, quella che because its not my home, it's their home, and I'm welcome no more, e che ora, finalmente, è riuscito a riconquistare. non credo possa esserci sensazione più calda del ritorno a casa dopo un viaggio travagliato e per questo quasi lo invidio. a C. sarebbe piaciuto il salento, roni size, pendulum, le dancehall, questi miei amici che non ha mai conosciuto, quell'atmosfera da rimini dei fattoni e il falò con personaggi così surreali e assurdi che sembravano usciti pari pari da un kusturica o semplicemente materializzatisi dai fumi del bourbuka. a C. magari piacerebbe anche come sono io, ora, dentro. ma forse è solo questa voglia di trascinare che ho da mesi addosso, forse è quella cazzo di fontanella dove lo porto a bere, sempre lì, stabile, a via della cisterna, o forse, se non ti sta bene urlamelo in faccia, I just really miss you...

domenica 6 luglio 2008

rapporti tra le forme

canzone d'amor ...
... proprio?



lunedì 23 giugno 2008

avrai anche tu delle idee sulle cose

se dicessi a tutti che agisco
per via di una qualche visione

avuta in sogno

un sogno che era una casa
ma allo stesso tempo una chiesa

un sogno in cui un passo alla volta riuscivo a indietreggiare
a ottenere una prospettiva più ampia
da cui fissare nella memoria ogni particolare

un soffitto altissimo
innumerevoli fusti di colonne marmoree
decorati di un verde moderatamente pallido
un sogno che era una grande casa
ma somigliava a una chiesa
in tempo di festa
privata
alla quale ovviamente non ero stato invitato
ma in cui la luce
filtrava dal rosone
acquisiva profondità e direzione tutte nuove

un sogno in cui no, non può entrare
non è nella lista
ma controlli quegli elenchi all'entrata
se trova il modo di decifrarli può scrivere il suo nome in codice
all'ultima pagina
e le apriamo le porte

un sogno che dai ci provo
poi mi sveglio e non so come va a finire

in fondo è così bello fare le sei di mattina
quella sensazione di reciproca accettazione
che solo un culo sbattuto per terra
su una qualche strada
e chiacchiere con sconosciuti
possono dare
parole che non sono indirizzate a me
e che ricevo ugualmente
come dono
offerto in cambio di quelle stesse parole
mai giunte in tempo in cui dovevano

vaglielo a spiegare a loro
ignari di tutto
quanto è diverso fuori alle sei di mattina
che la narrazione è una e una sola
sogno o non sogno
che non c'azzeccano niente il perdere, il guadagnare
quando si ha a che fare con il tempo

lunedì 26 maggio 2008

calma apparente ?

mercoledì 21 maggio 2008

semantica degli spazi vuoti

ovvero roma-londra, roma-bari, roma- .

per i ponti interrotti a metà strada. per le palazzine sfitte e le chiese sconsacrate alla domenica mattina. per gli angoli umidi dei niente e le mura pesanti dei nulla, quando ti chiedevo cosa ci fosse. per l'estetica dello sfascio e della distruzione. per i volti non conosciuti e attesi. per le facce immaginate per accumulazione progressiva. prima zero, poi tratti leggeri, proiezioni, infine vere e proprie fisionomie. per gli indizi nascosti nelle foto e le frasi rarefatte, concesse fra parentesi. per l'introiezione dell'altro come tappa propedeutica alla sopravvivenza di se stessi. per gli intermezzi, gli intervalli. per i buchi neri, il buco nell'ozono, per ogni tentativo risolto in un buco nell'acqua. per i buchi della serratura e gli orifizi indiscretamente sbirciati. per i voyeurs. per le vene scavate dei tossici, per le siringhe usate. per le pagine saltate e l'affastellarsi di lacune scolastiche. per le stanze abbandonate in tutta fretta. per il passo che mi separa da un inizio, da una fine. per il bianco. che contiene già in sé tutte le onde dello spettro elettromagnetico. che preserva gelosamente al suo interno, da sempre, tutti i colori. quando la prossimità ha generato già troppe distorsioni e rumori di fondo, lascio parlare la distanza. lascio che a esprimersi siano i chilometri, le vie non del tutto percorse, le geografie non ancora frugate. gli spazi vuoti. come dipingere su tela immacolata. perché per ogni mancanza esiste sempre una controparte potenziale, sovraccarica di signficati. perché ciò che vogliamo e ci spetta è solo riempire ed essere riempiti.

martedì 22 aprile 2008

corpi estranei

anatomicamente dato o superficie di iscrizione culturale, integro o prostetico, limite o mezzo di liberazione, il corpo è la modalità principale attraverso cui siamo messi in contatto gli uni con gli altri. è il modo primario attraverso cui ci esponiamo e siamo resi vulnerabili. è la mappatura che ci inizia alla categoria del dentro/fuori permettendoci di giudicare cosa sia interno e cosa esterno, di valutare ciò che ci appartiene e ciò che non riconosciamo come nostro. il corpo è l'unica possibilità di essere spossessati.
un corpo estraneo è un corpo infiltrato, penetrato nell'organismo ma non appartenente a esso. è un corpo che procura fastidi, noia, secrezioni, risposte immunitarie e che dev'essere lavato via, rimosso con accuratezza e precisione chirurgica, prima che possa generare il rischio dell'infezione. prima che possa contagiare i tessuti circostanti.
tale è la condizione dei corpi di genere, e per estensione di tutti i corpi che vivono ai margini, che, nonostante siano ormai riusciti a fare irruzione e a invadere la comunità, vengono percepiti comunque come qualcosa di cui liberarsi, qualcosa da evacuare attraverso ogni sfintere pubblico e comune, prima che la restante parte sana del corpo sociale possa essere attaccata.

Molteplici corpi.
Un solo mondo.
Una sola coscienza.
Fluida e permeabile.

domenica 20 aprile 2008

atto di fede

io credo che adesso staccherò tutto qui, infilerò le chiavi in tasca, 10 euro di fumo e 10 di benzina, e mi metterò a guidare verso il mare. reggae a manetta, finestrini spalancati e un gran bisogno di urlare. per questo troppo sole, per il kebab di ieri notte che alle 13 di oggi non mi sembra abbia ancora oltrepassato la soglia dell'esofago, per tutte le teste di cazzo che hanno votato pd condannando a morte la sinistra manipolati da questa stronzata del voto utile e dalla vecchia paura del nano malefico, urlerò per C. che nella vita è questione di incroci ciechi e di scontri accidentali e io invece voglio vederti di nuovo, sapere di te, scroccarti un'altra sigaretta e fare altri 5 minuti di pausa, urlerò per le 4 di notte passate a scrutinare, per i miei amici etero fattissimi e in totale imbarazzo ma tutto sommato divertiti in serate queer, per un sms di troppo a cui, come previsto, non è arrivata risposta che poi io lo vedo che leggi il blog, per la tangenziale alle 3 di notte, maledetta fattanza ma benedetti san lorenzo e il 32, per amici xenofobi dentro ma pur sempre amici, per il mio essere disoccupato e neanche più studente. ecco, io credo che mi siederò al volante, imboccherò la colombo, reggae a manetta, finestrini spalancati, cercando di urlare ogni singola nota. per questa strada che in fondo sento mia e forse non sarà piena di svolte ma costeggia comunque paesaggi notevoli.

venerdì 21 marzo 2008

bilancio di un quasi affetto da D.O.C.

Con la pioggia continua di queste settimane, anche i gesti che uso per fare ritorno a me si sono fatti liquidi e diluiti, decisamente poco viscosi. Ecco allora che la mia mano si relaziona alle cose in maniera fluida e le dita non fanno che scorrere lentamente lungo ogni superficie. In questi giorni annacquati mi scopro a toccare compulsivamente i profili di ogni figura che incontro, a maneggiare gli orli di ogni oggetto che mi finisce sotto tiro, a ricalcarne i confini. Sembra quasi che il mio «essere interno» - per citare E. - in sintonia con il clima, sia diventato tutt' uno con gli atti e le movenze. E' tutta una questione di bordi in fondo. Cosa sarebbe ogni esistenza in mancanza di un margine a forgiarne la sua manifestazione sensibile, a dargli una struttura? Quale anatomia avrebbero questa parete, questa porta, queste chiavi, lungo le quali scivola questa mia frenesia del tocco, senza un loro contorno? Così accarezzo scrupolosamente ogni confine di ciò che mi arriva fra le mani perché in realtà mi piacerebbe essere un demiurgo delle estremità, una divinità delle bordature e avere il potere di ridipingerle, di riconfigurarle, a mia discrezione. Ci insegnano sin da bambini, quando impariamo a colorare, che non si esce dai bordi, che dobbiamo seguire il contorno. Beh, affanculo. Io vorrei cambiare i confini di questi corpi, della mia persona, della persona altrui, degli oggetti e anche degli eventi, pure quelli futuri, che lo stesso destino, come ogni trama disegnata, è almeno al principio una faccenda di bordi. Io vorrei trasformare il solo contorno di questi ultimi mesi, del capodanno come cristo comanda, del mio nuovo pezzo di carta cum laude, dei ripetuti festeggiamenti che quest'anno si cambia tutto e si fa casino, dei baci sbagliati che poi sbagliati non sono, della mia reflex nuova, della ritrovata rota per il reggae coatto e per le dancehall, del carnevale al circolo, delle giornate di quasi primavera e canne di nuovo con F. e C. che mancavano dio quanto mancavano, di tutto il tempo passato nel trastevere pomeridiano più gradevole e vivo di quello serale. Io vorrei scarabocchiarle tutte queste cazzo di linee circoscriventi e vedere se quello che resta, quello che resterà, a conti fatti, è e sarà comunque il ricordo di una sigaretta sempre accesa e degli unici bordi che dall'inizio mi sembravano così fragili. Gli unici bordi, che, proprio per questa delicatezza intrinseca, avrei voluto conservare intatti e forse avrei dovuto non toccare mai.

domenica 24 febbraio 2008

interstizio

1 piccolo spazio tra due corpi o tra due parti di uno stesso corpo
2 biol., tessuto interposto tra gli elementi strutturali specifici di un organo
3a intervallo di tempo
3b eccl., intervallo di preparazione che intercorre tra la nomina di un ecclesiastico a un ordine superiore e la sua effettiva entrata in carica
4 astron., solstizio
5 indugio, esitazione

ovvero quasi villa pamphili
sleep deprivation
cucitura della scena di mici

martedì 19 febbraio 2008

corpo estraneo numero zero


ovvero prove tecniche di trasmissione infettiva.
la fase del contatto.


D’un tratto annuncerà la sua venuta. Aspetteremo insieme che il velo sopra le nostre teste si sarà arricciato. Le nuvole grigie si addenseranno e si faranno simili a un’ imprecazione. Non ci saranno più, i vecchi baci ubriachi, né quelli immaginati, le mani fra le gambe, le mani sopra gli occhi, e non ci saranno più quelli taciuti, le mani sulle bocca, i baci rimandati e poi non ricevuti. Li guarderemo, loro, da lontano, ognuno con la sua buona morale tirata su misura, ognuno con il suo cristianesimo ritoccato a pennello, e brinderemo a noi, invece. Che gli uomini si dividono in due categorie, chi beve per dimenticare e chi per ricordare, ma stavolta no, stavolta quando sarà ricordo, non dovrà essere rimosso, né dovrà essere evocato, ma renderemo le tue labbra più prossime a una profezia. Così finalmente un santo minore bestemmierà la pioggia aspettata, che sarà fertile come ogni volta, però anche lei sempre nuova. E nessuna parte di te, nessuna parte di me potrà dovrà essere lavata via. Niente procurerà noie e secrezioni, non ci saranno risposte immunitarie. Nessuna precisione chirurgica o accuratezza con cui asportare. Permeabili solo a noi stessi. Ti prenderò da parte, guarderemo in alto e schianterai il bicchiere. Ti racconterò di come il cielo, con le sue pareti scalcinate, è di chi ha infranto la norma. Di come il cielo, che non è fatto di scarti, appartiene ai violenti e allo stesso tempo ai vulnerabili.