Mi rivedo anche in S.2. Dice di non essere fumatore, poi a ogni birra e a ogni chiacchiera più lunga e apparentemente più stimolante del solito si prende il suo tabacco e se ne gira una. Dice che lo fa per semplice piacere estetico e del gesto rituale: leccare la cartina, guardare la sigaretta una volta fatta, accenderla e osservare il fumo mentre parla. Mi fa ridere il tono con cui lo ripete ogni volta che qualcuno glielo chiede, che ti verrebbe voglia di dirgli falla finita ti piace fumare e basta. Poi ci ripensi e lo guardi sorridente perché in fondo è molto più produttivo costruire il significato, anche solo narrativo, di ogni stupida esperienza, piuttosto che perder tempo a cercare una qualche verità. Dal suo metro e novanta ha quel fascino ambivalente che si prova verso le persone che guardano ogni cosa all'alto verso il basso: si vorrebbe gambizzarle per eliminare almeno una decina di quei centimentri strafottenti e allo stesso tempo riuscire ad essere come loro. Anche lui entra dalla porta principale e mentre lo scruto penso che con la sua altezza pare tutto proteso verso qualcosa di spiritualmente superiore ma anche che, conoscendolo, probabilmente non ce la farà ad elevarsi come la natura pare averlo disegnato.
Somiglio forse anche a S.3. E' un tipo che di certo non si nota con l'occhiata distratta della prima volta. Non impugna sigarette come coltelli per tagliare l'aria o percorsi di significazione e ha un aspetto un po' sfatto, la barba incolta, qualcosa nei lineamenti che non si riesce a leggere completamente. Anche quando non si trova a domandare un come o un perché ha sempre una tensione inquieta tutta espressa nell'increspatura che gli corruga la fronte, come se il caos avesse voluto alla nascita lasciargli addosso un segno di sé, un dubbio continuo. Entra da un ingresso secondario e si nasconde dietro gli altri. Lo guardo mentre si versa bicchieri su bicchieri, che non sono mai troppi, e poi attacca a parlare. Cercando di non palesare la sua insicurezza usa l'autoironia per esorcizzare ogni apparente debolezza: rivela a destra e a manca le sue nevrosi e i suoi limiti cercando di scherzarci su ma è palese che finisca per sconfinare spesso in un senso di vergogna. Ascoltarlo mi fa pensare che la forza di ogni uomo e ogni donna dovrebbe essere lo stesso sorriso disarmante con cui si smaschera lui. Magari insieme a un po' più di autostima.