lunedì 17 dicembre 2007

mitologie in sciopero

ovvero manifesto di un ex amante pigro e disimpegnato in epoca tardomderna.

E' vero mdme A., la psicoanalisi è una banale pornografia e Freud ci ha davvero rovinato con i suoi simboli fallici, eppure... eppure c'era qualcosa di dannatamente trascinante nella forza di Edipo, nella mano del figlio che uccide il padre, che molti come me hanno perso. Parlo dell'ebbrezza di respingere e combattere la prima autorità che ci viene imposta per natura e da lì continuare con le successive, parlo di distruggere il sistema camuffatto da Super-io sempre pronto a dare ordini, a dirci cosa fare e cosa non fare, parlo di sovvertire chi sta sopra di noi e ci comanda. La voglia di cambiare l'ordine, contestare, alzare la voce come protesta e disobbedire che ancora tu, come altri, per fortuna, portate avanti in maniera attiva è frutto dello stesso impeto che guidava Edipo contro Laio. La vertigine che provo le rare volte che ancora sono in un corteo è la stessa del figlio che prova una pulsione di morte verso il genitore. Ma che fine ha fatto quell'uccisione simbolica in me e nelle persone che mi circondano? Dov'è finito il bisogno di abbattere per crescere e ricostruire? Edipo s'è messo braccia conserte. E' arrivato il momento del suo picchetto personale. Ha lasciato il posto a un Narciso precario, sull'orlo continuo della caduta in acqua. Un Narciso allo specchio che ci ha condannati all'isolamento nella stitica dimensione dell'ego. Guardaci mdme A.: tutti confinati a un torbido Stige personale in cui cercare invano un riflesso. Vogliamo avere successo, diventare blogstar, avere visibilità tramite un fottuto myspace. Incapaci di costruire una nostra identità, ci preoccupiamo solo dell' immagine senza più portare avanti il conflitto, senza batterci per la contraddizione. Senza urlare in faccia ai nostri padri che vogliamo ancora essere sognatori o che siamo lesbiche e froci e donne e studenti e lavoratori in balia del nulla. Ogni azione fine a se stessa, fine a noi stessi. Ne faccio parte anch'io, mettici che anche se volessi non saprei come combattere un padre che non ho mai avuto e siamo a cavallo. Che cosa resta di me? Che resta di cosa avrei voluto essere? Che resta di cosa avrei voluto lasciare? Che cosa resta dell'altro a cui non riesco più a relazionarmi? Che resta del mondo possibile? Solo le sensazioni. Quelle che proviamo mentre amiamo. Mentre pensiamo a loro. Mentre rincorriamo. Mentre tocchiamo, abbracciamo, slacciamo cinte, spogliamo, infiliamo lingue e mani. Mentre sentiamo gli spasmi arrivare. Mentre veniamo. La nostra identità. Ora e qui. In un momento storico in cui non c'è più il tempo e ogni posto è un nonluogo. L'amore, la nostra rivoluzione. L'orgasmo, la nostra misera lotta. In equilibrio incerto, come per ogni contratto a termine. Cara mdme A., sai che c'è, mi sento spento e forse rivoglio Freud, forse rivoglio Edipo...

1 commento:

Anonimo ha detto...

...a dire il vero cercavo solo un estratto di "camere separate", ho trovato invece altre preziose gemme, di cui ti sono grato.
mimmo.